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Emma recensisce: Il proprio e l’estraneo nella traduzione letteraria di lingua inglese

17/03/2022 11:00

Emma

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Emma recensisce: Il proprio e l’estraneo nella traduzione letteraria di lingua inglese

Recensione di "Il proprio e l’estraneo nella traduzione letteraria di lingua inglese" di Franca Cavagnoli

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Come probabilmente sapete, uno dei campi in cui mi sto specializzando è la traduzione letteraria e anche la mia tesi è dedicata all'argomento. Spero che anche a voi interessi il tema perché per qualche settimana vi parlerò di alcuni libri che si occupano di vari aspetti della traduzione letteraria.

 

Inizio oggi con uno dei libri che sto usando come ispirazione per la tesi del master: Il proprio e l’estraneo nella traduzione letteraria di lingua inglese di Franca Cavagnoli. L’autrice non ha bisogno di presentazioni, ma ci proverò comunque. È una traduttrice che ha tradotto, tra gli altri, Toni Morrison, J.M. Coetzee e V.S. Naipaul; insegna anche traduzione a Milano e ha pubblicato alcuni romanzi. Se volete saperne di più, questo è il suo sito.

Il libro in breve

Il libro è diviso in tre parti:

 

1) Il proprio e l’estraneo

2) English and englishes

3) La traduzione degli autori postcoloniali di lingua inglese

 

La prima parte è dedicata al tema dell’accoglienza dell’Altro in traduzione e, prendendo spunto dalle teorie di Schleiermacher e Berman in particolare, analizza i principali aspetti che potrebbero farci naturalizzare l’altro nella nostra lingua bersaglio.

 

La seconda parte sviluppa lo stesso tema dell’accoglienza dell’estraneo nel caso specifico delle lingue di contatto come il pidgin e il creolo.

 

La terza parte, infine, riunisce interventi fatti dall’autrice sul tema dell’accoglienza dell’Altro e anche alcuni testi scritti appositamente per il libro.

Cosa ne penso

Il libro è ricco di spunti di riflessione sulle tecniche di traduzione. Gli esempi presi dai testi con cui lavora l’autrice sono numerosissimi e utilissimi. La riflessione teorica è anch'essa molto utile proprio perché non rimane mai semplice teoria ma è sempre accompagnata da esempi reali.

 

Ciò che mi è piaciuto di più è che, pur difendendo lo straniamento, le riflessioni sono molto eleganti e giustificate, mai basate su gusti personali e idee estreme possibili solo a livello accademico come sono, per esempio, quelle di Lawrence Venuti, benché anche lui si ispiri a  Schleiermacher e Berman.

 

La terza parte ha interventi in inglese e in italiano e molti ripetono gli stessi temi ed esempi proprio perché sono tratti da conferenze e interventi a cui ha partecipato l'autrice, ma le riflessioni non sono mai noiose anche quando ripetute, per non parlare di quanto sia utile avere la terminologia disponibile in entrambe le lingue.

 

È un libro che consiglio assolutamente a chi si interessa o si occupa di traduzione letteraria e a chi vuole conoscere più a fondo la letteratura postcoloniale in traduzione.

 

L’avete letto? Lasciatemi un commento!